by Redazione Metropolitan adv
Ho conosciuto Raphael Gualazzi nel 2011, per l’esattezza l’8 agosto.
Ho avuto il privilegio di essere la prima organizzatrice salentina a portarlo in concerto a Lecce. L’idea la ebbe Cesko degli Après La Classe, mio socio nella realizzazione di quello che sarebbe stato un evento memorabile. Quella sera 1600 persone di tutte le età parteciparono entusiaste al concerto di questo giovane, timido, altissimo e talentuosissimo cantautore e musicista che solo pochi mesi prima aveva vinto Sanremo Giovani.
Fu una scommessa vinta alla grande. Ma la fortuna vera si è palesata il giorno dopo il live perché il suo management mi chiese di ospitarlo per altre 24 ore a causa dell’annullamento del concerto che avrebbe dovuto fare in Calabria. Da salentina doc, ovviamente, lo portai a cena.
Ci sedemmo nel locale di Cesko, lo Skatafashow di Aradeo, alle 20 e ci alzammo alle 2 super felici. Da lì è nata un’amicizia unica e straordinaria che, dopo 10 anni, è viva più che mai.
Raphael è un uomo meraviglioso, generoso, rispettoso. È un cantautore, un musicista, un compositore, un arrangiatore e un produttore, ma è soprattutto un uomo di valore come pochi.
Quando ha rivestito il ruolo di M° Concertatore della Notte della Taranta ha fatto innamorare tutta l’Orchestra con la quale ancora oggi ha un rapporto speciale: non esiste una gerarchia nella sua vita, per lui siamo tutti e tutte uguali.
Ciao Raphael, raccontami come stai e qual è il ricordo dell’ultimo live che hai fatto pre covid.
Sto molto bene, grazie!
L’ultimo concerto è stato un piano solo a settembre, all’esterno di un bellissimo Castello in Trentino. Il giorno dopo hanno chiuso tutto.
Quale pensi che sia il tuo successo più grande finora?
Il mio successo più grande è essere rimasto Folle d’amore per la mia musica (e per la musica in generale).
Descriviti in 4 parole.
Amicizia, Amore, Vita, Musica.
Descrivi la tua musica in 4 parole.
I’ve..
Got..
The..
Blues..
In quale dei tuoi dischi ti rispecchi di più?
Ogni album è il racconto di un vissuto particolare.
È difficile sceglierne uno, non rinuncerei a nulla di quello che ho fatto.
Cosa ti dà più fastidio quando scrivono o parlano di te?
In generale mi preoccupo che non scrivano inesattezze sulla musica e sulle sue storie e radici.
Dammi 3 nomi che ti fanno ben sperare per la musica di oggi.
Anderson Paak, Cory Henry, Esperanza Spalding.
Perché fai musica?
Perché mi piace. Perché è la mia vita. Perché mi guarisce dall’ovvietà.
Cosa è cambiato nella tua musica da Love Outside the Window (il tuo primissimo disco del 2005) a Ho un Piano?
La ricerca non si è mai fermata seppure l’amore per determinati generi è rimasto sempre vivo.
Come ti vedi tra 10 anni?
Preferisco vedermi conquistare la felicità giorno per giorno e non proiettare la mente nell’iperspazio.
Viviamo in un mondo martoriato dagli abusi dell’ego umano dove l’esperienza che tutti abbiamo vissuto (e stiamo ancora vivendo) è solo la copertina di un libro che nessuno ha voglia di leggere perché racconta delle realtà scomode e pericolose.
Personalmente sono grato per quello che ho, per la mia vita.
Qual è la tua grande speranza?
Che la musica torni ad abbracciare nuove coscienze, a restituire il sorriso a tutte quelle persone che hanno cambiato faccia durante questo periodo e diventi ancora la colonna sonora di chi si ama.
Articolo a firma di Titti Stomeo apparso su Kamala Magazine, n. 5 - Giugno 2021, semestrale gratuito scaricabile
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