Sanapo, tra i più grandi conoscitori di caffè italiani
06 novembre 2021 | Persone

Sanapo, tra i più grandi conoscitori di caffè italiani

Quel profumo che sa di casa ma ti porta in capo al mondo

by Redazione Metropolitan adv
Figlio d’arte, Francesco Sanapo ha iniziato lavorando come barista gestendo alcuni locali, finché ha deciso di dedicarsi esclusivamente allo studio del caffè. Ma cosa si nasconde dietro i premi vinti, le tazzine di caffè e la sua esperienza come imprenditore e produttore nella filiera di una delle bevande più bevute al mondo?
 
Ciao Francesco, raccontami chi sei e da dove nasce la tua passione maniacale per il caffè.
Il caffè è stato sempre presente nella mia vita!
Mia madre è conosciuta nel mio piccolo paese d’origine, Specchia, per la sua arte nella preparazione della moka e mio padre è un grande protagonista del settore dell’ospitalità e della ristorazione. Sicuramente, non potevo non amare il caffè!
Per quanto mi riguarda, la passione sul lavoro e per il lavoro che si fa è ciò che tutte le persone si augurano: la mia nasce anche grazie allo studio. Per alimentare la passione c’è bisogno di conoscenza, di tanto studio e ricerca.  Ho iniziato come aiutante barista ed è stata la prima opportunità che ho avuto in questo settore. La mia forte ambizione e la mia grande curiosità mi hanno portato sempre ad approfondire e a ricercare ciò che c’è dietro le cose.  Lo studio mi ha permesso di evolvermi e fare di un’umile professione, come quella del barista, un lavoro dignitoso, stimolante ed economicamente appagante. Mi piacerebbe che questo concetto arrivasse, soprattutto, alle nuove generazioni.
Mi auguro che, oltre ad ispirare i miei figli, la mia esperienza possa essere d’esempio per chi leggerà queste mie parole.
 
Nella tua bio ho letto dei tuoi numerosi viaggi all’estero alla scoperta di materie prime che non siano solo esclusive ma anche etiche.
La mia ricerca non si è fermata solo allo studio della professione ma si è spinta sino all’origine del caffè.
Volevo vedere con i miei occhi dove nasce, cosa succede nelle attività agricole che lavorano la materia prima, conoscere criticità e difficoltà, andare alla ricerca delle qualità più rare. 
Questo mi ha permesso di intraprendere relazioni con piccoli produttori e di lavorare con loro alla realizzazione di un caffè di qualità superiore, ma che fosse al tempo stesso sostenibile. I viaggi, la conoscenza dei protagonisti di questa filiera hanno acceso in me la voglia di essere il loro portavoce con il consumatore.
 Qual è il viaggio che ha cambiato la tua vita e che cosa hai portato con te in Italia di quell’esperienza?
Credo che mai dimenticherò il mio primo viaggio alla scoperta di quei luoghi meravigliosi! La mia prima meta è stata Puerto Rico, a Jajuya Valley, nell’Hacienda San Pedro di Rebecca Atienza. Ricordo ancora il momento in cui vidi le piante e il frutto del caffè. E, 
nel 2010, con il caffè di Rebecca Atienza, ho partecipato alla competizione italiana baristi, classificandomi al primo posto.
L’altro viaggio che mi ha segnato fortemente è stato l’ultimo, quello fatto in Uganda: lì ho visto con i miei occhi la vera povertà.
Anche per questo ho preso una decisione: nel mio piccolo quello che ho fatto e continuerò a fare è pagare il giusto prezzo al piccolo produttore. La mission della mia azienda, infatti, è creare ricchezza contribuendo eticamente all’evoluzione dell’intera industria del caffè.    
 
Sei andato in Uganda e con te sono partiti anche i fotografi salentini Flavio&Frank. Cosa ricordi di quel viaggio?
Ho deciso di portare con me due professionisti di grande talento perché volevo catturare tutto quello che i miei occhi non riuscivano a vedere.
Il caffè doveva venir fuori non solo dal punto di vista meramente tecnico ma più emozionale, quasi artistico. Le foto di Flavio&Frank, infatti, sono un’opera d’arte perché valorizzano sia il prodotto che i suoi protagonisti.  Con me porterò per sempre il ricordo di quei paesaggi unici e da togliere il fiato, la musica di quella terra meravigliosa, la sua cultura e, ovviamente, il suo caffè.  Ci svegliavamo tutte le mattine all’alba per andare alla scoperta di una nuova piantagione o di una nuova storia da raccontare.
Lì abbiamo conosciuto un ex calciatore della nazionale ugandese e produttore di caffè, abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con uno dei cantanti più blasonati del posto, abbiamo visto i gorilla di montagna e abbiamo navigato il lago Vittoria a bordo di una zattera fino all’inizio del fiume Nilo; ho passato delle notti insieme alla tribù dei Bakonzo, una delle più antiche d’Africa. Faccio quasi fatica a non credere che sia stato un sogno!
È stata un’esperienza indimenticabile e, proprio per questo, stiamo lavorando per produrre un video documentario per far conoscere a quanta più gente possibile cosa si nasconde dietro una tazzina di caffè.  
 
Hai vinto numerosi premi, ma quello che più ti ha emozionato ti è stato conferito nella tua città natale. Come mai?
Avere un riconoscimento nella propria terra ha un gusto completamente diverso! Essere premiato nel mio paese e vedere gli occhi di mia madre e mio padre brillare non ha prezzo! Sono molto legato alle mie origini e sono convinto che è proprio grazie a queste radici che ho avuto la forza e l’ambizione per arrivare dove sono ora. Ovviamente, sono legato anche ai prestigiosi premi vinti in giro per il mondo. Ve lo dico a bassa voce e con le dita incrociate: spero che i premi non siano finiti.
 
Hai 2 locali e stai per aprirne un terzo in un momento storico molto difficile. Cosa c’è di diverso in Ditta Artigianale rispetto agli altri bar e quale filosofia c’è nelle tue tazzine di caffè?
Ditta Artigianale, che ha sede a Firenze, è più di semplice bar: io e il mio socio Patrick, abbiamo deciso di assumerci il compito di rivoluzionare il settore della caffetteria partendo anche da come si serve il caffè. Con le nostre caffetterie vogliamo sensibilizzare al concetto di valore reale del prodotto e far vivere il semplice gesto del “bere un caffè” a un livello esperienziale unico e insolito. La nostra azienda è anche una piccola torrefazione artigianale (vendiamo il nostro caffè in diversi Paesi del mondo) e presto diventerà anche Scuola del Caffè: con la nuova caffetteria riserveremo ben 200 mq alla formazione.
 
Il tema di questo numero di Kamala è Grandi Speranze. Qual è la tua grande speranza? 
Quello che spero e mi auguro fortemente è che molto presto venga dato al caffè il valore che merita. Il rischio reale è che si perda sia la qualità del prodotto che la sua antica ritualità.  Ognuno e ognuna di noi può contribuire a limitare i danni che già abbiamo creato al nostro pianeta; questo è un tema fondamentale che mi sta particolarmente a cuore. Personalmente credo che la nostra unica speranza oggi risieda nelle persone e nei piccoli gesti che quotidianamente decidiamo di fare.
 
Intervista a cura di Titti Stomeo - Pubblicata su Kamala - Grandi Speranze