La tendenza a giustificare piuttosto che a condannare. La violenza sulle donne e i femminicidi vengono troppo spesso raccontati da una comunicazione che sembra voler neutralizzare le differenze tra vittima e carnefice. Invece no, una vittima rimane vittima e il suo carnefice non può redimersi solo perché esasperato, perché geloso, perché preso da chissà quale impulso incontrollabile. Si è propensi a trovare una giustificazione, in alcuni casi addirittura a romanzare la storia che accompagna l’estremo atto cruento. Le informazioni che arrivano dal web, dalla stampa e dalla tv usano un linguaggio che non può non lasciare quanto meno perplessi. La cronaca rimane, ma il modo in cui ci viene riferita, appurata la verità, dovrebbe essere lucido e chiaro. Si rischia di diffondere un messaggio scorretto che una mente poco illuminata potrebbe travisare e trasformare in nuove scuse per futuri efferati crimini. Abbiamo il dovere di leggere e informarci, ma anche e soprattutto di farlo criticamente, dando il giusto peso alle parole e ai fatti. Dobbiamo chiamare le cose con il proprio nome e farci attraversare dolorosamente da ciò che accade. L’unico punto di partenza per tentare di evitare il reiterarsi di simili drammi forse è proprio questo.
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